Dalla dichiarazione di dissesto di un ente locale deriva la necessità di riequilibrarne il bilancio ma anche di tacitare le pretese creditorie che l’ente stesso non è stato in grado di soddisfare; tale ultima attività compete all’organo straordinario di liquidazione a tal scopo nominato.

Per quanto più di interesse, l’art. 258 del TUEL (Testo Unico degli Enti Locali) prevede espressamente che detto organo, una volta determinato l’importo complessivo dei debiti maturati dall’amministrazione in dissesto, possa proporre a quest’ultima l’adozione della modalità cd. semplificata di accertamento e liquidazione della massa debitoria.

Più nel dettaglio, “l’organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori […], offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento del debito, in relazione all’anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione della transazione” (art. 258, comma 3, TUEL).

In altri termini, ottenuta l’adesione dell’ente locale dissestato, il suddetto organo ha la facoltà di transigere le pretese dei creditori insinuati nella massa passiva, liquidando in misura variabile gli importi dovuti, in considerazione dell’anzianità degli stessi.

In questo modo, come la giurisprudenza amministrativa non ha mancato di rilevare, la falcidia del credito nella misura anzidetta verrebbe ad essere controbilanciata, da un lato, da una delibazione solo “sommaria” sulla fondatezza della pretesa creditoria; dall’altro lato, da una tempistica certa fissata per la liquidazione del debito (ossia il richiamato termine di 30 giorni dall’accettazione della proposta).

Non solo ma, nell’ottica del legislatore, tale modalità consentirebbe “di compensare, in misura proporzionale, il sacrificio imposto ai creditori per la rinuncia non solo di parte del credito ma anche dei relativi interessi e rivalutazione, di modo che i crediti più antichi (comportanti una maggiore perdita in termini di accessori di legge) siano liquidati in percentuale più elevata di quelli più recenti” (cfr. Tar Campania, sez. V, n. 3514/2019).

La disposizione in commento prevede altresì che, per i debiti per i quali non sia stata accettata la proposta a saldo e stralcio, l’organo di liquidazione proceda ad un accantonamento nella misura del 50 per cento.

La ratio dell’accantonamento, come rilevato dalla pronuncia in commento, è chiaramente connessa alla possibilità che residua in capo ai creditori che hanno rifiutato l’offerta di agire per l’integrale soddisfazione del proprio credito. Ciò comporta che il debito pregresso potrà incidere sui fondi dell’ente “risanato” solo per la restante parte non accantonata, ossia nel limite dell’ulteriore 50 per cento.

Ed infatti, “resta integra – secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata – la facoltà del creditore di esercitare tali diritti nei confronti del Comune, una volta cessato lo stato di dissesto ed esaurita la procedura di gestione straordinaria. Né per effetto della liquidazione straordinaria in caso di dissesto – che tende al risanamento finanziario dell’ente locale ed a fare fronte ai suoi debiti […] – si determina la denunciata estinzione dei crediti, o della parte di essi, rimasti insoddisfatti in sede concorsuale, giacché i crediti non ammessi o residui, conclusa la procedura di liquidazione, potranno essere fatti valere nei confronti dell’ente risanato” (sul punto, inter alia, Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2008, n. 2095; nello stesso senso, Corte Cost. sentenza n. 269 del 1998; TAR Lazio – Roma, sez. II, 3 dicembre 2013, n. 10391).