Green Pass obbligatorio per i lavoratori dal 15 ottobre 2021. Normativa e questioni aperti

Questa settimana a partire dal 15 ottobre il green pass sarà lo strumento indispensabile di accesso al lavoro. Tutti i lavoratori dipendenti pubblici, da aziende private e 4,9 milioni di autonomi dovranno esibire, obbligatoriamente, la certificazione verde che attesti l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19, la guarigione dalla malattia o la negatività a un tampone che abbia non più di 48h dal controllo, per poter accedere sul posto di lavoro.

I lavoratori che non avranno il green pass, saranno considerati assenti ingiustificati e verranno sospesi dal servizio senza ricevere lo stipendio, fino all’acquisizione della certificazione, e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2021, data di fine stato di emergenza sanitaria confermata ad oggi. Inoltre le linee guida stilate dal Governo precisano che oltre alla retribuzione, non saranno più versati al lavoratore neanche i contributi in assenza del green pass: «qualsiasi componente della retribuzione (anche di natura previdenziale) avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario (…), previsto per la giornata di lavoro non prestata».

Le sanzioni previste sono più severe per i lavoratori sprovvisti di green pass che per i datori di lavoro che non faccia le opportune verifiche: i primi rischiano una multa che va dai 600 ai 1.500 euro, mentre per i secondi è prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro. Le multe in questione saranno irrogate dal prefetto. Le norme emanate finora prevedono che a “denunciare” le violazioni al prefetto dall’interno dell’azienda il datore di lavoro o le persone alle quali è stato assegnato l’incarico delle verifiche, dall’esterno, invece, le aziende saranno controllate dagli ispettori del lavoro e dalle Asl.

Complesso è il tema dei lavoratori esclusi dall’obbligo del green pass, perché esentati dalla campagna vaccinale per problemi di salute particolari. Queste persone avranno un certificato che attesti la loro situazione, e i dati sulla loro salute dovranno essere maggiormente tutelati perchè particolarmente sensibili.  La legge è molto chiara sulle caratteristiche che devono avere le certificazioni e nei casi di certificazioni dubbie o non conformi, il datore di lavoro potrà fare riferimento all’associazione medici aziendali per evitare di incappare in ulteriori sanzioni qualora le certificazioni non si rivelassero autentiche.

La tutela della privacy è sicuramente un punto delicato della faccenda ma i nodi aperti sono tanti e questa decisione ha inevitabilmente acceso il malcontento dei contrari, che sono sfociate in vera violenza giusto pochi giorni fa, quando sabato 9 ottobre è stata presa d’assalto la sede nazionale della Cgil a Roma. Alcuni manifestanti che sono entrati nei locali, sfondando la porta con aste e bastoni.

Il provvedimento preso dal governo ha creato non poche polemiche. Gli oppositori, infatti, sostengono si tratti di una illegittima limitazione alla libertà personale. La questione, di non poco conto, coinvolge moltissimi argomenti di natura giuridica.

Da quando la pandemia è prepotentemente entrata nelle nostre vite abbiamo imparato a fare i conti con termini più o meno di uso quotidiano. Primo tra tutti, sicuramente, il diritto alla salute in nome del quale abbiamo visto applicare a più riprese dal Governo una serie di misure anche fortemente limitative della libertà personale. Lo Stato è sicuramente tenuto a tutelare la Salute dei cittadini (in questo l’art 32 Cost non lascia spazio all’immaginazione) e tuttavia occorre effettuare un attento bilanciamento tra tale diritto e quello ben espresso dal precedente art. 13 Cost.

Ma non è tutto.

Con questo provvedimento entrano in gioco altri importanti e inviolabili valori. Si basti pensare all’art 4 co.1 Cost: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” o all’art 35 co1 Cost “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”.

La Pandemia ha senza dubbio sconvolto le vite di tutti noi, ed è giusto auspicare un celere ritorno alla normalità. Ma in assenza di un obbligo vaccinale sancito con legge, qual è il confine tra la tutela della salute collettiva e il diritto a rendere la propria prestazione lavorativa?

La questione è tutt’altro che chiara, e sicuramente la partita, ancora aperta, richiederà adattamenti e chiarimenti.