Factoring: il regime delle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario

In tema di factoring, il regime delle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario è stato a lungo discusso, sia in dottrina che in giurisprudenza, poiché né le disposizioni del codice civile in materia di cessione del credito, né la L. n. 52 del 1991 sul factoring, hanno previsto una normativa specifica che le disciplini.

Va al riguardo evidenziato che, per costante giurisprudenza, il contratto di factoring, anche dopo l’entrata in vigore della disciplina contenuta nella L.21 febbraio 1991, n.52, è una convenzione atipica – la cui disciplina integrativa dell’autonomia negoziale è contenuta negli artt.1260  e seguenti c.c., – attuata mediante la cessione, “pro solvendo” o “pro soluto”, della titolarità dei crediti di un imprenditore, derivanti dall’esercizio della sua impresa, ad un factor, con effetto traslativo al momento dello scambio dei consensi tra i medesimi se la cessione è globale e i crediti sono esistenti, ovvero differito al momento in cui vengano ad esistenza se i crediti sono futuri o se, per adempiere all’obbligo assunto con la convenzione, è necessario trasmettere i crediti stessi con distinti negozi di cessione, in ogni caso derivante dal perfezionamento della cessione stessa tra cedente e cessionario, indipendentemente dalla volontà e dalla conoscenza del debitore ceduto (cfr. Cass. Civ. n. 1510/2001, Civ. n. 2746/2007; Cass. Civ. n.  15797/2009).

Nell’identificare quali siano le eccezioni che possono essere validamente opposte dal debitore ceduto al factor non si può prescindere dalle seguenti considerazioni di principio:

  • La cessione dei crediti che caratterizza il factoring non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio e non può pregiudicare la posizione del debitore ceduto, in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà (Cass. Civ. n. 24657 del 02/12/2016). Difatti, la dottrina e giurisprudenza prevalenti sono orientate nel senso di configurare la cessione del credito come un contratto bilaterale traslativo ad effetti reali che vede quali parti soltanto il cedente ed il cessionario, escludendo il debitore ceduto che resta completamente estraneo al negozio e che, in ossequio al principio della relatività degli effetti contrattuali (art. 1372 cc), non può subire un aggravamento della propria posizione.
  • Il creditore cessionario deve essere tutelato da eventuali accordi raggiunti, in suo danno, fra cedente e ceduto, a seguito della notifica della cessione.

Poste tali premesse, va osservato che la cessione del credito realizza il trasferimento del credito così come esistente tra i contraenti originari: il cessionario subentra quindi nella medesima posizione giuridica del cedente e, per tale ragione, si ritiene che il debitore ceduto possa opporre al cessionario le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente, ma con le dovute precisazioni (Cass. Civ. n. 24657/2016: “…in tema di cessione del credito, la cui disciplina – come dinanzi detto – è applicabile al factoring, si è osservato che il debitore ceduto è legittimato ad opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto sollevare nei confronti dell’originario creditore, ma, qualora dopo la cessione intervengano fatti incidenti sula entità, esigibilità ed estinzione del credito, la loro efficacia deve essere valutata in relazione alla nuova situazione soggettiva stabilitasi in dipendenza del già perfezionato trasferimento del diritto…”).

La Suprema Corte, con un orientamento costante, ha, infatti, affermato che “…il debitore ceduto può sicuramente opporre al cessionario tutte le eccezioni relative alla validità e all’esistenza del negozio da cui è sorto il credito ceduto e sottrarsi al pagamento, deducendo che tale credito non è mai sorto nei suoi confronti …” (Cass. Civ. n. 10833/2007); il ceduto può, altresì, opporre “…le eccezioni riguardanti l’esatto adempimento del negozio, nonchè quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto e non ove successivi, in quanto una volta acquisita la notizia della cessione, il debitore ceduto non può modificare la propria posizione nei confronti del cessionario mediante negozi giuridici posti in essere con il creditore originario …” (Cass.Civ. n. 575/2001; Cass. Civ. n.8485/2009; Cass. Civ. n. 24657/2016; Cass. Civ. n. 8373/2009; Cass. Civ. b. 11719/2003).

In sostanza, la Cassazione individua tre diverse categorie di eccezioni: da un lato, le eccezioni relative alla validità del titolo costitutivo del credito, dall’altra quelle relative a fatti modificativi o estintivi del rapporto anteriori alla cessione e, infine, quelle relative a fatti modificativi o estintivi intervenuti dopo il trasferimento del credito, ma anteriormente al momento in cui il debitore ha accettato la cessione, o questa gli è stata notificata, o ne abbia avuto conoscenza certa.

La Corte ha, quindi, individuato nel momento dell’accettazione della cessione o comunque della sua conoscenza di fatto da parte del debitore, la linea di discrimine tra le eccezioni opponibili e quelle non opponibili. Tale conclusione, che sembra ben conciliarsi con il dettato dell’art. 1264 c.c. (“la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o gli è stata notificata”), è proprio volta ad escludere la possibilità che attraverso una cessione del credito si possa rendere deteriore la posizione del debitore ceduto rispetto a quella che aveva nei confronti del creditore originario.

Andando ora ad analizzare le tipologie di eccezioni opponibili dal debitore ceduto, si rappresenta quanto segue.

Nell’ambito delle eccezioni attinenti alla validità ed esistenza del rapporto da cui sorge il credito ceduto, si annoverano, in particolare, le eccezioni di nullità (per contrarietà a norma imperativa, mancanza di un elemento essenziale del contratto, indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto …) e di annullabilità (per difetto di capacità o vizi del consenso) del contratto da cui nasce il rapporto obbligatorio (Cass. Civ. n. 1257/1988).

Sono altresì opponibili al cessionario, anche se intervenute dopo la conclusione della cessione, purché siano sorti anteriormente all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla conoscenza certa da parte del ceduto, le eccezioni derivanti: da accordi conclusi fra cedente e ceduto, da novazione del rapporto originario, da compensazione del debito con un controcredito vantato dal ceduto verso il cedente, da remissione, da esatto adempimento del negozio, da dichiarazioni liberatorie rese dal cedente al debitore ceduto, da confusione, da impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore, da risoluzione consensuale del contratto originario.

Tali eccezioni sono, invece, inopponibili dal debitore nel caso in cui il loro fatto costitutivo sia successivo alla comunicazione della cessione del debito, o quando il venir meno del rapporto è in qualche modo imputabile, in tutto o almeno in parte, al ceduto ( Cass. 10/05/2005, n.9761; Cass. 25/02/2005, n.4078; Cass. 16/04/1999, n.3797;  Cass. 7/04/1979, n. 1992).

Si pensi, ad esempio, alla risoluzione consensuale del contratto, da cui trae origine il credito ceduto, convenuta fra l’originario creditore cedente ed il debitore ceduto.

Infatti, proprio in relazione alla pretesa opponibilità, da parte del ceduto, della risoluzione consensuale del contratto da cui il credito ha avuto origine, la Cassazione ha affermato che, una volta realizzato il trasferimento del diritto, il cedente perde la disponibilità di esso e non può validamente negoziarlo, recedendo dal contratto, mentre il debitore ceduto, a conoscenza della cessione, non può ignorare tale circostanza. Coerentemente, deve escludersi la possibilità di opporre al cessionario ogni altra modifica del contratto convenuta fra cedente e debitore ceduto dopo la cessione: il cedente perde la disponibilità del diritto che è stato trasferito, circostanza che, peraltro, non può essere ignorata dal ceduto a conoscenza della cessione (Cass. Civ. n. 9761/2005).

In linea con i principi sopra esposti, si pone anche la disciplina legale relativa all’eccezione di compensazione (art. 1248 c.c.). In base a tale disposizione, infatti, il debitore ceduto non può opporre al cessionario la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla notificazione della cessione.

Fermo restando quanto sopra esposto in merito al momento della conoscenza della cessione da parte del debitore quale linea di discrimine tra le eccezioni opponibili e quelle non opponibili, per quanto riguarda le eccezioni fondate sull’esecuzione del contratto, come quella di inadempimento, non possono trascurarsi quelle pronunce in cui la Cassazione, affermando che “l’opponibilità è sempre ammessa quando l’obbligo di pagamento del ceduto sia venuto meno per fatto imputabile al cedente”, sembra avere in più occasioni accolto anche la necessità di consentire, senza limiti di tempo, l’opponibilità delle eccezioni derivanti dall’inadempimento del contratto sottostante la cessione (Cass. Civ. n. 5302/2008, Cass. Civ. n. 575/2001).

A tale conclusione, si giunge considerando che i fatti che possono originare le eccezioni fondate sull’esecuzione del contratto (i.e. l’inadempimento del cedente) prescindono dalla volontà del ceduto che, in tal caso, non può subire alcun pregiudizio derivante dalla cessione del credito.

Da ultimo, deve escludersi che il debitore ceduto possa opporre al cessionario le eccezioni relative al contratto di cessione. A tale conclusione, si giunge considerando che il contratto di cessione riguarda il cedente ed il cessionario, mentre ad esso è estraneo il ceduto, nei cui confronti, pertanto, la cessione non può produrre alcun effetto (Cass. Civ. n. 05.02.1988).

Dagli stessi principi generali in materia contrattuale, deriva, poi, che il debitore ceduto non può opporre al cessionario eccezioni inerenti a rapporti con il cedente diversi da quello da cui deriva il credito oggetto della cessione.