In materia di diffamazione la Cassazione può valutare l’offensività delle frasi ritenute lesive per l’altrui reputazione

In materia di diffamazione la Corte di Cassazione può conoscere e valutare l’offensività delle frasi lesive della altrui reputazione, in quanto è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a verificare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie”.

E’ quanto stabilito nella recente sentenza della Cassazione, Sez. V penale del 4 luglio 2023, n. 28771, la quale riprende quanto già in precedenza  affermato in altre decisioni e, in particolare nella precedente pronuncia del 22/01/2020, n. 2473, laddove aveva già affermato che: “Occorre premettere che in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato; e ciò ovviamente il giudice di legittimità può e deve fare anche sotto il profilo del dolo e della sussistenza della scriminante del diritto di critica, allorquando gli stessi elementi evidenziati nella sentenza impugnata depongono per il difetto della componente soggettiva del reato”.

La sentenza in esame assume rilevanza in quanto riafferma il principio secondo il quale sussiste la possibilità di ricorrere in sede di legittimità per profili sostanziali e non meramente procedurali, essendo demandato alla Corte di legittimità il compito di verificare l’offensività delle frasi ritenute lesive della altrui reputazione e verificare la sussistenza della condotta contestata.